Dr. Bruno C. Gargiullo

D.ssa Rosaria Damiani

Immagina di essere accusato di un crimine che non hai commesso. Di essere interrogato fino a perdere il senso della realtà, fino a convincerti di aver fatto qualcosa di terribile. Sembra un incubo, vero? Eppure, è una storia reale, che continua a ripetersi nel corso del tempo.

Nel 1906, Hugo Münsterberg, un pioniere della psicologia, denunciò un caso che avrebbe scosso le coscienze. A Chicago, una giovane donna venne trovata brutalmente strangolata. Il figlio di un contadino, innocente e disperato, dopo un incessante interrogatorio, confessò un crimine che non aveva mai commesso. Il suo racconto, assurdo e contraddittorio, era frutto di una pressione insostenibile. Nonostante le evidenti falle, venne condannato e impiccato. Un errore giudiziario devastante.

Ma ciò che spaventa davvero è che questo incubo non è finito. Decenni dopo, casi come quello della McMartin Preschool hanno mostrato quanto facilmente la nostra memoria possa essere manipolata. Bambini innocenti, incitati da interrogatori fuorvianti, iniziarono a ricordare abusi orribili che non erano mai avvenuti. La famosa psicologa Elizabeth Loftus ci ha rivelato una verità sconcertante: i ricordi, persino quelli più vividi, possono essere falsi. Ha dimostrato, in esperimenti angoscianti, che è possibile impiantare nella mente di una persona falsi ricordi, rendendoli così reali da sembrare veri episodi di vita vissuta.

Nel 2015, due psicologi forensi, Julia Shaw e Stephen Porter, hanno portato questa scoperta a un nuovo, sconvolgente livello. Hanno creato falsi ricordi di crimini terribili. E, incredibilmente, il 76% dei partecipanti credeva di aver realmente commesso questi atti, aggiungendo dettagli emozionanti e vividi, come se li avessero vissuti in prima persona. Il potere della mente di ingannarci è incredibile, e spaventoso.

Pensa a quanto sia devastante per un innocente trovarsi in una situazione simile. Martin Tankleff è stato condannato per il duplice omicidio dei suoi genitori, nonostante fosse innocente. Un interrogatorio estenuante, una bugia detta al momento giusto, e Martin confessò un crimine che non aveva commesso. Diciassette lunghi anni in prigione, prima che la verità venisse finalmente a galla.

Questa è la cruda realtà: la nostra memoria non è infallibile. È fragile, vulnerabile, manipolabile. Il nostro cervello può essere ingannato, facendoci credere in cose che non sono mai accadute. E questa realtà mette in discussione l’affidabilità di confessioni e testimonianze su cui si basano intere vite.

Ora, le Corti Supreme di New Jersey e Massachusetts mettono in guardia le giurie: non fidatevi ciecamente della memoria umana. Senza prove concrete, i ricordi possono tradirci.

È il momento di riflettere: possiamo davvero fidarci dei nostri stessi ricordi? Questa domanda lascia un segno profondo, una sensazione di incertezza che ci fa dubitare di ciò che pensiamo di sapere.

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