A cura di Bruno C. Gargiullo, Rosaria Damiani
Per quanto si possa essere “addestrati”, riconoscere uno psicopatico è sempre un’impresa ardua, dovuta al suo modo dicotomico di porsi con l’altro (apparente socievolezza e sguardo indifferente e distante). Non per niente, una delle caratteristiche che maggiormente rappresenta una personalità di questo tipo è proprio la sua incapacità di porsi in sintonia con l’altro (mancanza di empatia), che è espressione di una tonalità emotivo-affettivo-sentimentale scarsamente sviluppata se non addirittura inesistente. Non provando emozioni, lo psicopatico può mentire, manipolare e usare l’altro a proprio piacimento, incurante del danno/sofferenza che può arrecargli (totale mancanza di scrupoli e di rimorsi). Ma ciò che lo rende particolarmente infido è la sua camaleontica capacità di “mimetizzarsi” e di “essere come l’altro vuole che sia”. Incontrare un simile personaggio, o averlo tra le mura domestiche, è una vera iattura.
Per ben comprendere la personalità psicopatica, è opportuno chiarire alcuni punti nodali.
• Psicopatia non è sinonimo di psicosiI due termini psicopatia e psicosi, data la loro similarità, vengono comunemente usati in modo intercambiabile, nonostante rientrino in due ben distinti e seri quadri clinici. Per meglio chiarire le differenze esistenti nei due differenti quadri psicopatologici, vale la pena precisare che: lo psicopatico, benché colpevole di condotte distruttive e violente, non mostra chiare manifestazioni tipiche del disturbo dello spettro della schizofrenia (es., allucinazioni, deliri, pensiero disorganizzato e bizzarrie comportamentali) ed il suo agire rifletterebbe il suo modo di pensare (forma mentis o mens rea). Sa distinguere il bene dal male (capacità di intendere e di volere), sceglie consapevolmente di fare del male (stile di vita) e il suo comportamento criminale persisterà per tutta la vita. Quindi, la psicopatia è un grave disturbo di personalità, da non confondere con la psicosi che è un distacco dalla realtà.
• Non tutti gli psicopatici sono criminali e non tutti i criminali sono psicopatici. Numerose ricerche, condotte nei penitenziari statunitensi, hanno rilevato che la percentuale di psicopatici criminali detenuti non supera il 35% (percentuale che oscilla tra il 15% e il 35%) dell’intera popolazione carceraria (Kiehl K.A. e Buckholtz J.W., 2010). Questo sta a significare che la restante percentuale di criminali non rientra nella categoria degli psicopatici.
• Psicopatia verso sadismo. In uno studio condotto da Jean Decety, Professore di Psicologia e Psichiatria dell’Università di Chicago, i ricercatori hanno esplorato un tratto di personalità solitamente confuso con la psicopatia: il sadismo sessuale. Lo studioso ed i suoi colleghi hanno pubblicato uno studio sull’esplorazione del cervello di quindici autori di reati sessuali violenti, otto dei quali erano classificati come sadici sessuali. Ai partecipanti sono state mostrate immagini che evocavano dolore ed altre neutre.Durante la visualizzazione delle immagini, che rappresentavano il dolore, i sadici mostravano una maggiore attivazione della loro amigdala, un’area cerebrale associata ad una emozione forte, rispetto agli altri partecipanti autori di reati sessuali. In aggiunta, i sadici avevano valutato il dolore, provato dalla vittima, come più intenso rispetto ai non sadici. Quanto più intenso veniva considerato dai sadici il dolore maggiore era l’attivazione in un’altra area cerebrale denominata insula, che è coinvolta nel monitoraggio dei sentimenti e degli stati corporei.In conclusione, lo studio di Decety suggerirebbe che i sadici sembrano essere particolarmente in sintonia con ciò che le loro vittime provano; infatti, essi vivono indirettamente la stessa sofferenza delle loro vittime e di questo ne sono eccitati.Gli psicopatici, invece, tendono ad essere indifferenti alle emozioni altrui, restando impassibili a quanto accade intorno a loro.
• Psicopatia verso disturbo antisociale di personalitàIn uno studio, volto a chiarire il funzionamento del cervello dello psicopatico, i ricercatori del King College di Londra hanno posto la loro attenzione sulle differenze neuro-psicologiche esistenti tra soggetti con diagnosi di psicopatia e altri soggetti, ugualmente pericolosi, con diagnosi di un disturbo antisociale di personalità (ASPD).Sempre di più, le ricerche scientifiche indicano che essi sono due disturbi ben distinti. Nessuno aveva mai svolto uno studio di “brain imaging” che mettesse in luce le differenze funzionali tra soggetti con ASPD e soggetti con psicopatia, sostiene Nigel Blackwood, responsabile dell’equipe di ricercatori. Blackwood così descrive coloro che presentano un ASPD: “sono individui impulsivi, irritabili e irresponsabili. Utilizzano l’aggressività reattiva nel momento in cui arrivano allo scontro fisico anche quando una minaccia è inesistente, usando la violenza per risolverla”. “Una volta agita, gli antisociali potrebbero sperimentare un certo grado di pentimento o di rimorso. Potrebbero, persino, sentirsi in colpa. Questi soggetti con ASPD, inoltre, possono sperimentare una discreta ansietà e depressività e tendere a fare abuso di sostanze”, sostiene lo studioso britannico. Gli psicopatici possono essere altrettanto violenti ed aggressivi, essere ugualmente inclini all’uso abituale di droghe, ma, contrariamente agli antisociali, risultare spietati e freddi nel pianificare i loro attacchi.Un’altra differenza: sia coloro che presentano un ASPD sia gli psicopatici possono aver subito, nella loro infanzia, varie forme di maltrattamento, ma, a differenza dei primi, gli psicopatici non presentano sintomi tipici di un Disturbo Post-traumatico da Stress. Anzi, proprio l’opposto: gli psicopatici tendono a provare scarsa o nulla ansietà e, di fatto, a non avere alcun tipo di paura.
Questo viaggio nel mondo della psicopatia, data la sua complessità, richiede ulteriori approfondimenti che verranno trattati nei prossimi articoli.