Un cervello a cortocircuito
Bruno C. Gargiullo e Rosaria Damiani
«Non vi è stato mai alcun dubbio sul fatto che, in determinate circostanze, l’emozione distrugga il ragionamento»
(Damasio A.R., 1995, pag. 95)
Ogni giorno sperimentiamo una varietà di emozioni. Per la maggior parte, queste emozioni sono in natura transitorie, ma quando diventano intense o persistenti possono causare effetti drammatici sul nostro comportamento.
Per Antonio Damasio (1999, 2003), Gerald Edelman (2006), Joseph LeDoux (1995) e Jaak Panksepp (1998, 2004, 2012) le emozioni sono un cambiamento fisiologico registrato dal corpo e ciascuna di esse è individuata in un set specifico e coerente di risposte esperienziali espressive e comportamentali.
Dunque, le emozioni possono essere concettualizzate in relazione al loro significato funzionale o adattivo. Le emozioni negative, come la rabbia e la paura, possono promuovere comportamenti di evitamento o di difesa, mentre quelle positive (di piacere) possono facilitare il comportamento esplorativo, sessuale o di ricerca del rischio. Pertanto, emozioni e sentimenti (“esperienza mentale, privata di una emozione”, Damasio A.R., 1999) svolgono un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi (equilibrio) o nel facilitare un comportamento adattivo.
«Le emozioni determinano la qualità della vita. Hanno luogo in ogni relazione che conti: sul luogo di lavoro, nelle amicizie, nell’interazione con i familiari, e nelle nostre relazioni più private. Ci possono salvare la vita, ma anche arrecare seri danni; possono indurci ad agire in modi che riteniamo realistici e appropriati, o di cui in seguito potremmo pentirci amaramente. … Le emozioni possono insorgere (e lo fanno spesso) con grande velocità; anzi, con una velocità tale che il nostro sé cosciente non solo non vi prende parte, ma non riesce nemmeno a prendere nota di cosa a un certo punto nella nostra mente inneschi una certa emozione. Questa velocità può salvarci la vita in caso di emergenza, ma ce la rovina se la nostra reazione è sproporzionata»
(Ekman P. 2003, trad. 2008, pp. 3-4)
Paul Ekman, nello stilare una lista di emozioni, le ha suddivise in primarie (innate, spontanee, riscontrabili in qualsiasi popolazione, ovvero universali – rabbia, paura, tristezza, gioia/piacere, sorpresa, disgusto, disprezzo) e secondarie (complesse – es., allegria, invidia, vergogna, gelosia, nostalgia, delusione) che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.
Regolazione emozionale
Secondo la letteratura scientifica, le emozioni vengono descritte come un sistema coordinato di risposte a eventi (interni o esterni) che assumono un particolare significato per l’organismo (Lazarus R.S., 1991). Questo insieme di risposte, che mirano ad orchestrare la migliore risposta possibile ad eventi significativi, può inglobare una serie di meccanismi:
- cognitivi (es., la rabbia può essere sollecitata o da una reale minaccia alla propria incolumità o da uno stimolo soggettivamente interpretato in chiave di pericolo);
- comportamentali (sempre in caso di minaccia, con attacco o fuga);
- fisiologici (es., nella risposta di lotta o fuga, le connessioni simpatiche con i visceri danno origine a cambiamenti fisiologici per sostenere la risposta integrata di lotta o fuga: spostamento di sangue dai visceri e dalla cute ai muscoli, aumento della frequenza della stimolazione e della contrattilità cardiaca, bronco dilatazione, dilatazione pupillare, diminuita attivazione gastrointestinale, glicogenolisi nel fegato con aumento della glicemia come fonte energetica, etc. – Felten D.L., Shetty A.N., 2010, pag. 411);
- neurali (il ruolo neurale, nella risposta di lotta o fuga, comprende input dall’area limbica, dalla corteccia cerebrale e dal tronco encefalico che regolano il complesso controllo ipotalamico del flusso endocrino e autonomo cruciali per questo tipo di risposta, nella quale i neuroni parasimpatici del tronco encefalico sono inibiti – ibidem, pag. 411).
Le emozioni rappresentano, pertanto, delle forze irresistibili che esercitano una massiccia influenza sul nostro comportamento, fornendo informazioni sulla rilevanza e sulla qualità di ciò che accade (segnali interni o esterni) e mettendo in moto le risorse necessarie (coping) per affrontare una data situazione.
Prima di proseguire, è opportuno fare un distinguo tra emozione (stato reattivo transitorio e di elevata intensità a connotazione piacevole/spiacevole), sentimento (vissuto soggettivo dell’emozione), umore (condizione di base aspecifica, pervasiva e persistente) e affetto (caratteristica “non-cognitiva” e soggettiva dei processi mentali che racchiude la triade emozioni, sentimenti e umore – Gross, J.J. 2014). Solitamente, nel linguaggio comune i termini affetto, emozioni e sentimenti vengono spesso utilizzati in modo intercambiabile.
La modalità con cui una persona riesce a monitorare, valutare e modificare il comportamento emotivo in maniera flessibile (adattamento funzionale all’ambiente), attraverso strategie adeguate, anche dal punto di vista sociale, viene definita regolazione emozionale (Calkins S.D., 2010; Campos J.J., Campo R.G., Barrett K.C., 1989; Cole P.M., Martin S.E., Dennis T.A., 2004; Mauss I.B., Bunge S.A., Gross J.J., 2007; Rottenberg J., Gross J.J., 2007; Thompson P.M., 1994).
Si parla, invece, di disregolazione emotiva quando l’individuo reagisce in maniera inadeguata rispetto alle situazioni o ai contesti sociali e interpersonali, e/o in modo inefficace rispetto agli obiettivi che intende perseguire (Gratz,K.L. Roemer L., 2004; Putnam, K.M. Silk K.R., 2005). Infatti, l’incapacità a regolare le emozioni pone una persona a serio rischio di sviluppare un disturbo mentale. La significativa associazione tra la capacità a regolare efficacemente gli stati affettivi indesiderati e la salute mentale è stata riscontrata in quasi tutti i disturbi mentali inclusi nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013).
I ricercatori si sono avvalsi della risonanza magnetica funzionale (fMRI) per localizzare le aree neurali (frontolimbiche) implicate nella regolazione emozionale (Davidson R.J., Irwin W., 1999). Queste regioni includono, fra le altre strutture, l’amigdala, l’ippocampo, l’ipotalamo, la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia orbitofrontale, la corteccia cingolata anteriore e l’insula (Banks S.J. et all., 2007; Davidson R.J. et all., 2000; Goldin P.R. et all., 2008). In altre parole, le aree della corteccia prefrontale modulano le risposte subcorticali agli stimoli emozionali ed inibiscono i comportamenti impulsivi (Fuster J.M. 2002; Hughes A.E. et all., 2012).
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